Educazione e Centri Scout – a cura di Giovanni Perrone
Adolescenti, scautismo e Centri Scout alcuni spunti di riflessione e di dibattito
Il Rapporto Eurispes del maggio 2012 evidenzia che “gli adolescenti rischiano di esistere per la società solo come caricature che riportano ed esasperano pochi tratti distintivi, generalmente quelli più evidenti e mediaticamente accattivanti. Difficile sentir parlare delle loro aspirazioni, delle speranze e dei sogni, trattati come limiti, anziché come risorse”.
Il metodo scout è stato fondato a misura dei ragazzi, proprio di quei ragazzi (in particolare 14-16 anni) che oggi creano tante preoccupazioni a famiglie ed educatori e che le unità scout facilmente perdono.
Vita buona nei Centri Scout
Il Centro Scout può essere un luogo qualsiasi? Di certo no. Non può essere uno dei tanti spazi da consumare. Suo scopo è di essere un luogo di “vita buona”. Non mi riferisco alla vita buona pubblicizzata da TV e stampa e da stili di vita diffusi tra le giovani generazioni (e non solo!), ma al buon vivere proposto da Baden-Powell e basato sui valori della Legge scout. Alla domanda “Che cosa è per te un Centro Scout”, la gran parte degli intervistati fa riferimento a strutture accoglienti, ad attività coinvolgenti, a staff competenti, a materiali adeguati che favoriscano il “benessere” di chi utilizza il Centro e lascino in lui un buon ricordo. Non possiamo, però, limitarci a questo. Abbiamo più volte sostenuto che il Centro Scout deve essere anzitutto uno “spazio educativo”.
La gratitudine? Un’arte da coltivare
L’Università della California ha effettuato una ricerca sulle “emozioni gratuite”. E’ risultato che, in poco tempo, in coloro che avevano coltivato coscientemente l’esercizio della gratitudine, si verificava un sensibile miglioramento della qualità della vita. Cresceva l’ottimismo e la voglia di sorridere, miglioravano le relazioni umane, ma anche il benessere fisico e lo stesso sonno. Secondo il direttore della ricerca, in caso d’insonnia è preferibile contare i gesti di gratitudine donati piuttosto che le pecore! La stessa ricerca ha messo in evidenza che le persone che erano state aiutate gratuitamente avevano maggiore attitudine ad aiutare spontaneamente gli altri.
Fatti per esplorare
Ho innanzi a me due immagini: l’Unità che viene al Centro Scout e lo utilizza come spazio di progettazione, di partenza per escursioni nel territorio e di sintesi della documentazione raccolta e valutazione dell’attività e – di contro – l’Unità che si installa nel Centro Scout, lo trasforma in una colonia di soggiorno, lo sfrutta come meglio può e – talora – trasgredisce la residenzialità con una uscita “protetta” nei dintorni. Il Centro Scout non può essere pensato e vissuto come un villaggio vacanze, dove si resta appagati in tutto e richiusi per evitare pericoli. Gli scouts non possono essere ridotti a polli da batteria!
L’arte del prendersi cura. Una sfida per migliorare la qualità dei Centri Scout
La RETE dei CENTRI SCOUT ITALIANI è sorta nl 2008 come spazio di dialogo e intera-zione per i vari luoghi da campo deputati alle tipiche attività scout al fine di favorire un cammino comune – nel rispetto della peculiarità di ciascuna Associazione e di ciascun Centro – per promuovere ed implementare la qualità del servizio offerto. Ogni Centro Scout viene definito “spazio educativo ove giovani ed adulti possono svolgere attività educative idonee alla loro età e alle loro esigenze educative, nel rispetto dei valori evidenziati dalla Legge delle Guide e degli Scout” (dalla Carta dei Valori). Ha caratteristiche le-gate alla sua storia e all’ambiente in cui è inserito, nonché alle specifiche competenze degli animatori del Centro. La specificità diventa dinamica risorsa, non solo per il Centro Scout, e occasione di servizio com-petente nei confronti degli ospiti. E’ una specificità che va salvaguardata, curata ed implementata.